La nostra generazione ha avuto tanti idoli e molti di questi o sono cantanti o sono personaggi dello sport, indifferentemente dalla maglia o dal genere, come non ricordare i vari Roberto Baggio, Alessandro Del Piero, Alex Zanardi, Michael Schumacher etc.
Questi personaggi hanno in comune una cosa: hanno fatto lo sport con il cuore. Come lo si dovrebbe fare. Ne hanno fatto una missione, un valore profondo, che hanno quindi protetto e portato avanti con passione e sacrificio. Questo differenzia i campioni dai bravi giocatori, gli uomini dagli sfaccendati, i protagonisti dalle comparse. Oggi come non mai siamo circondati da storie raccapriccianti che ci parlano dello sport come la scena principale dove si vedono drammi e violenze, scandali e corruzione, vittimismo e ipocrisia.
Dal doping degli atleti russi fino a calciopoli, andando a ritroso negli anni, da Blatter a Platini, da Marquez a Paparesta. Lo sport sta smettendo di essere un valore fondante di questa società? E se spostiamo gli occhi sugli spalti le cose non vanno certo meglio… Risse, violenze, morti, accoltellamenti, scontri, diffide. Questi i tag dell’odio. Anche qui nel nostro territorio la cronaca incrocia troppe volte lo sport. I finali di partita non scadono mai sul campo, le competizioni non sono mai solo agonistiche e così via…
La mia paura è che la nostra generazione non riesca ad arginare questa deriva, figlia dell’ennesimo fondamentalismo. I sociologi infatti ci diranno il perché. Ma la politica deve dirci il come. Come fermare tutto questo? Noi giovani dobbiamo trasmettere il messaggio che sul campo si dialoga. Nello stadio ci si confronta. Negli sport nasce la sportività. E poi è il cuore che fa muovere il pallone, non l’odio. Dobbiamo viverlo così lo sport. Altrimenti tanto vale restare a casa a guardarlo in televisione. Bisogna scegliere se essere protagonisti o comparse.
Federico Raineri