Doveva andare così e alla fine è andata anche peggio. Il progetto di far entrare gli studenti nelle aziende si è capovolto: sono le aziende ad essere entrate nelle scuole, un po’ per pigrizia un po’ per disinteresse.
Obbligatorio da quest’anno per i 500mila alunni del terzo anno delle superiori, con almeno 200 ore per gli studenti dei licei e 400 per tecnici e professionali, il progetto si è rivelato realtà per alcuni, esperienza a metà per molti. Secondo i dati di Skuola.net solo 14 studenti su 100 non hanno avuto accesso a un qualche tirocinio. Però il 52% degli intervistati non ha passato nemmeno un giorno in azienda. Insomma uno studente su due vive l’azienda… in classe! L’alternanza per loro si è svolta esclusivamente all’interno dell’istituto scolastico tramite percorsi formativi ad hoc, come appunto l’azienda simulata.
Un vero fiasco. Ed è un peccato perché lo spunto iniziale era molto interessante. Da sempre ci si lamenta del fatto che le nostre scuole sono troppo teoriche, persino negli istituti professionali. Il sodalizio con le imprese poteva essere un ottimo volano per spronare il mercato del lavoro. Ma se il buongiorno si vede dal mattino…
Prima della legge 107 gli studenti delle superiori che aderivano all’alternanza scuola-lavoro erano 270mila. Quando la riforma entrerà a regime fra tre anni si raggiungerà quota 1,5 milioni, spiega l’associazione degli studenti. Quello che emerge per ora, però, è la difficoltà delle scuole nell’attivare i progetti: al momento della raccolta dei dati, a marzo 2016, la metà degli intervistati non aveva ancora iniziato l’alternanza ma lo avrebbe fatto entro la fine dell’anno scolastico, vacanze estive incluse.
(Fonte Corriere.it)
Tra quelli che ce la fanno ad entrare in azienda, l’indagine di Skuola.net dice che in un caso su dieci i ragazzi si sono trovati a fare pulizie e fotocopie. In molti casi non c’è stata formazione, affiancamento, tutoraggio. Spesso ci si è fermati alla teoria – un paradosso data la ratio della legge – e addirittura il 36% degli intervistati ha dichiarato di avere un tutor per qualche ora al giorno. Insomma una legge europea per un sistema “all’italiana”, come sempre la scuola ringrazia, Renzi pure.
Federico